“Esprimetevi e sarà tutto più chiaro…”
Oggi ci concentriamo su un aspetto della vita relazionale (comune a tutti i rapporti) molto delicato e difficile da focalizzare. Riguarda la possibilità di esprimersi e le conseguenze che l’espressione di sé comporta in qualsiasi tipo di relazione. È un argomento che potremmo sintetizzare con una domanda di questo tipo: quando è opportuno esprimere ciò che si pensa e si prova? E in che modo è meglio farlo?
Si tratta di un tema che abbiamo già incrociato incidentalmente in diversi interventi negli ambiti più diversi: nel chiarire che l’accondiscendenza non aiuta a costruire relazioni forti, nell’osservare che “il non detto agisce molto più del detto”, nel toccare con mano che la mancata espressione di sé produce spesso messaggi ambivalenti (e quindi conflittuali), e via dicendo. Oggi lo affrontiamo direttamente e cerchiamo di darci delle indicazioni molto esplicite in merito.
Partiamo dunque da una risposta molto diretta a quella domanda: in una relazione solida e paritetica è sempre opportuno esprimere ciò che si pensa e ciò che si prova. L’espressione di sé, l’autenticità, è la modalità più efficace sia per dirimere ed appianare ciò rispetto a cui si sta disputando (le singole circostanze di confronto o di conflitto), sia per comprendere ciò che è in gioco in una relazione (ossia quanto ciascuno tiene all’altro).
In una relazione solida e paritetica è sempre opportuno esprimere ciò che si pensa e ciò che si prova.
Facciamo un esempio molto semplice e frequente per farci comprendere: la situazione emblematica della persona innamorata che non sa se esprimere o meno ciò che prova per paura di perdere la persona amata. Oppure (per non toccare il sentimento “incandescente” dell’amore) la persona che non osa dire all’amico la propria opinione su un tema delicato per paura di rovinare il rapporto di amicizia.
Ebbene, in entrambe queste situazioni “paradigmatiche” il punto non è tanto stabilire se e quando esprimersi, ma valutare quanto è solida la relazione nell’ambito della quale ci si esprime. Se Mario (facciamo un esempio) è un mio amico intimo, che conosco bene, con cui mi sento al sicuro e di cui ho la massima stima e fiducia, nulla (o quasi) potrà rompere il nostro legame. Certamente non una diversità di opinioni su un aspetto, per quanto centrale ed importante, della sua o della nostra vita. È quindi opportuno che lo esprima proprio in nome di quell’amicizia che ci lega e dell’autenticità che ci fa essere liberi anche nell’espressione di sentimenti che possono risultare faticosi, conflittuali, dolorosi. Se non con un amico, con chi posso essere autenticamente libero sentendomi contemporaneamente “al sicuro”?
Allo stesso modo, tornando all’esempio precedente, nella situazione più complessa e delicata dell’espressione di un sentimento d’amore, laddove una relazione è sufficientemente chiara e la reciproca conoscenza solida, l’espressione di sé chiarisce semplicemente ciò che è già in corso in termini affettivi e rende esplicite le reciproche intenzioni.
Proviamo a dirlo in questi altri termini, ancor più diretti: l’espressione di sé non aggiunge né toglie alcunché a ciò che c’è già, implicitamente, nella relazione. Chiarisce ciò che è in corso rendendolo esplicito. Il che avrà, evidentemente, delle conseguenze importanti, ma che sono riconducibili, in ultima analisi, a ciò che sta accadendo nella relazione, non al fatto che sia stato espresso e reso esplicito.
Torniamo al nostro esempio: se un amico non mi cerca più dopo che abbiamo avuto un battibecco e io non sento il bisogno di cercarlo, ciò non significa che quella divergenza ci ha separato, ma che, evidentemente, l’amicizia che ci univa non era così profonda. Allo stesso modo se la donna alla quale ho dichiarato i miei sentimenti d’amore rifiuta il mio avvicinamento è immaginabile che tale rifiuto non sia dovuto al fatto che io mi sia espresso, ma al fatto che i miei sentimenti non siano ricambiati. L’espressione di sé sarà la circostanza che rende evidente ciò che c’è (o non c’è) già.
Tutto questo è ovviamente valido solo nell’ambito di relazioni solide e paritetiche. Laddove è in gioco una gerarchia (come sul lavoro) o la relazione non è così salda ed autentica (come in tanti intrecci familiari ambivalenti o rapporti di amicizia “inquinati” da altri sentimenti) l’espressione di sé non può essere libera.
Poi è evidente che esprimersi può fare paura, soprattutto laddove è in gioco una manifestazione affettiva o emotiva importante, proprio nella misura in cui l’espressione di sé chiarisce rapporti che, da quel momento in poi, saranno inevitabilmente diversi. Ma è altrettanto evidente che la chiarezza e l’autenticità nei rapporti restituisce un tale senso di libertà e pienezza che, nella quasi totalità dei casi, il gioco vale la candela.