COME SI DIVENTA CIO’ CHE SI E’?
Buongiorno dottor Bassani,
leggendo i contenuti del suo sito mi ha colpito la frase che chiude la sezione “Strumenti terapeutici”. Alla fine lei dice che l’obiettivo della terapia è permettere all’individuo di “diventare ciò che è”. Che cosa vuole dire che devo diventare ciò che sono? Nel mio caso io vorrei semplicemente tornare come ero senza però quest’ansia che mi tormenta da quando ho avuto un attacco di panico ormai vent’anni fa. Tornato dal militare, dopo aver chiuso l’esperienza scolastica, mi sono trovato adulto e solo in un botto. Una notte d’estate, appena coricatomi a letto, ho sentito il cuore che mi esplodeva, ho iniziato a sudare e non riuscivo a stare fermo. Non c’era una ragione, un motivo. Nulla di particolare che dovessi fare o una preoccupazione. Fatto sta che mi ha preso un’agitazione fortissima. E nessuno mi poteva rassicurare. Da allora ogni volta che faccio qualcosa di nuovo, ogni volta che percepisco qualcosa di diverso in me o nel mio corpo ho paura che sia il primo indizio di un possibile attacco di panico e inizio a farmi mille paranoie… Da vent’anni faccio questa vita, con tutti i limiti che può immaginare: non mi sposto quasi mai di casa, ho paura a cominciare cose nuove, ho sempre bisogno del supporto di mia moglie (con la quale ultimamente le cose non vanno benissimo) per qualsiasi decisione, non posso fare un viaggio in aereo, treno o anche in auto… Insomma, vorrei essere quello che già sono, ma senza questo terrore che mi torni un attacco di panico.
La ringrazio se mi vorrà rispondere.
Luca
Gentile Luca,
provo a partire dagli indizi che mi ha dato della sua esperienza per risponderle. Mi sembra che la lettura che lei in questo momento dà della sua storia sia indicativamente questa: a un certo punto della sua vita, improvvisamente e senza ragione, ha avuto un attacco di panico che ha completamente stravolto la sua esistenza. Se non ci fosse stato quell’episodio così allarmante e inspiegabile, la sua vita avrebbe seguito tutt’altro corso.
Ricostruzione senz’altro vera e ipotesi plausibilissima. Ma possiamo anche rileggere le informazioni che ci offre da un’altra angolatura, ponendoci domande differenti. Come mai a un certo punto della sua esistenza ha avuto l’impressione di perdere completamente il controllo di sé e della sua vita? Che fase della sua esistenza stava attraversando nel periodo in cui le è capitato l’episodio di cui parla? Come si sentiva in quell’estate di vent’anni fa dopo che si era chiusa l’esperienza della scuola (come?; perché?) e che anche la parentesi del militare era finita?
Lei in parte già lo accenna: “Mi sono trovato adulto e solo in un botto”. Forse potremmo partire da qui, da queste emozioni complesse e sicuramente difficili da gestire, per capire che cosa le è successo e perché questo episodio ha lasciato un segno così profondo in lei.
E oggi, che cosa le accade quando si sente adulto, ossia responsabile e protagonista delle sue scelte? La responsabilità, per come la vive lei, va a braccetto con la sensazione di solitudine? E quest’ultima che sensazione è? Che cosa comporta in lei sul piano emotivo, cognitivo e corporeo?
E’ questo uno dei possibili fili conduttore che legano questi venti anni della sua vita? Quell’episodio alla sua esperienza di oggi?
Ovviamente stiamo facendo fantapsicologia, nel senso che sto prospettando un possibile percorso partendo da una semplice e-mail. Ma ci può servire per capire che cosa intendo quando dico che l’obiettivo della psicoterapia è “diventare ciò che si è”. Intendo che qualsiasi sintomo ci faccia soffrire, qualsiasi emozione noi possiamo provare, non viene da Marte, ma da noi. Ci dà informazioni preziose (per quanto spiacevoli) su come viviamo certe condizioni, sui “temi di vita” che per noi sono particolarmente difficili da affrontare. Il sintomo, qualsiasi sintomo, sembra sempre estraneo alla nostra esperienza e alla “coerenza” attraverso la quale siamo abituati a vederci. Riportarlo a noi e comprenderlo ci permette di risolverlo (o dissolverlo) e diventare un po’ più padroni della nostra vita emotiva. Nel momento in cui siamo consapevoli anche di questi aspetti della nostra personalità, e delle possibili linee di frattura, “diventiamo ciò che siamo” e non combattiamo più contro una parte di noi stessi.