Gli effetti del Lockdown su tutti noi
Che effetti ha avuto il lockdown su tutti noi? Che cosa ha comportato nel nostro equilibrio un periodo così lungo di deprivazione dai contatti sociali?
Sono le domande che ha senso farsi (e che vengono più frequentemente rivolte agli psicoterapeuti), una volta usciti dalla fase più drammatica e delicata dell’Emergenza Covid-19.
Sicuramente questo isolamento forzato – anche se indispensabile – ci ha reso più fragili, impauriti, disorientati. E forse anche più irascibili e insofferenti.
Ciò che ci rende “umani”, ciò che fa di tutti noi persone capaci di provare emozioni, metterci nei panni degli altri, condividere stati d’animo, articolare i nostri stessi vissuti è, anzitutto, l’essere parte di una comunità ed esercitare un confronto continuo con chi ci sta attorno. Stare insieme, parlare con gli altri, condividere le esperienze è – letteralmente – “vitale” per ciascuno di noi. Per ognuno a suo modo, ovviamente, in rapporto alla propria propensione al contatto sociale e alla propria storia di vita. L’isolamento è una condizione non solo costrittiva, per l’uomo, ma addirittura “innaturale”, proprio nella misura in cui l’uomo nasce nella socialità, nell’espressione di sé tra i propri simili, nel confronto (talora solidale, talaltra conflittuale) con gli altri. Il lockdown – resosi indispensabile in rapporto ad esigenze sanitarie drammatiche – ci ha sicuramente cambiati da molti punti di vista.
Di sicuro possiamo dunque dire che, in senso generale, questa forma di costrizione, ha generato vissuti di paura, disorientamento e rabbia, ma anche di impotenza, solitudine, quindi perdita delle energie vitali e della capacità di progettare e progettarsi.
Non dobbiamo inoltre dimenticare il motivo rispetto al quale il lockdown si è reso necessario: un virus molto contagioso e tenace, invisibile (per definizione), capace di nascondersi in ogni contatto. Tutti fattori che generano angoscia, la paura di un nemico invisibile, imprevedibile e molto pericoloso.
È per questo che in una fase così delicata è indispensabile rimanere in contatto con noi stessi e condividere i nostri stati d’animo con le persone che sentiamo più vicine. Quest’ultima, paradossalmente, è proprio quell’apertura solidale con gli altri che il nemico da fronteggiare, il Covid-19, ci impedisce di realizzare in rapporto alla sua stessa modalità di trasmissione e diffusione. Per questo è un nemico particolarmente subdolo e angosciante.
Nessun uomo può morire da solo. Eppure il Covid ci ha costretto anche a questo.
Poi c’è la paura del futuro. In questa fase si sta registrando un aumento esponenziale di pazienti impauriti da scenari apocalittici, soprattutto relativamente alla condizione economica e sociale che ci aspetta. Non si tratta, purtroppo, di timori infondati, soprattutto per le fasce più fragili della popolazione.
Qui ciò che è determinante è la forza della comunità, della condivisione, dello stare insieme, e –indirettamente – della politica. Si dice, a ragione, che il livello di civiltà di ogni società si misura da come vengono trattati i suoi membri più vulnerabili. Mai come ora dobbiamo tenerne conto e dare senso a quell’avverbio, “insieme”, che in questi mesi di paura ci ha accompagnato nelle infinite manifestazioni di solidarietà tra noi stessi: ”Insieme ce la possiamo fare”. Esortazione che dà forza a chi è destinatario di un aiuto, ma anche a chi lo esercita. Dà forza a tutti noi. E in questa fase è ciò di cui abbiamo più bisogno.